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L'Arca dell'Alleanza - Il dio primitivo e il sacrificio totemico

Sigmund Freud nel suo libro “Totem e tabù e altri saggi di antropologia” scrive: “La tribù si aspettava dal suo totem protezione e favore. Se si trattava di un animale pericoloso, lo si credeva incapace di nuocere ai suoi compagni-uomini, e, in caso contrario, la vittima veniva esclusa dalla tribù avveniva che si rimettesse alla decisione del totem, quando si trattava di risolvere questioni di discendenza e di legittimità. Il totem assiste gli uomini nelle malattie, dispensa al clan presagi ed ammonimenti

Il totem assiste gli uomini nelle malattie, dispensa al clan presagi ed ammonimenti. La comparsa di un animale totem in prossimità di una casa era spesso considerata come l’annuncio di un presagio. In particolari circostanze importanti, il membro del clan cerca di accentuare la sua parentela con il totem, rendendosi esteriormente simile a lui, coprendosi con la pelle dell’animale, incidendosi sul corpo la sua immagine, ecc. nelle solenni circostanze della nascita, della consacrazione virile, della sepoltura, questa identificazione col totem è realizzata con parole e con fatti. In vista di certi fini magici e religiosi, si eseguono danze, nel corso delle quali tutti i membri della tribù si travestono da totem ed imitano i gesti e l’andatura che lo caratterizzano. Vi sono, cerimonie durante le quali l’animale viene solennemente ucciso.
L’aspetto sociale del totemismo si esprime soprattutto nel rigore col quale viene osservata la proibizione e nell’estensione ed ampiezza delle limitazioni. I membri di un clan totemico si considerano come fratelli e sorelle, obbligati ad aiutarsi tra di loro ed a proteggersi reciprocamente. I legami totemici sono più intensi che i legami familiari, nel senso che noi attribuiamo loro; essi non coincidono perché in genere il totem viene tramandato in linea materna, ed è probabile che in origine l’eredità paterna non fosse affatto conosciuta. Ne deriva una limitazione tabù, per la quale i membri dello stesso clan totemico non devono contrarre matrimonio tra di loro e devono, in genere, astenersi da rapporti sessuali con appartenenti allo stesso clan e i nascituri seguivano il clan materno”.
W. Robertson Smith, fisico, filologo critico della Bibbia e archeologo nella sua opera pubblicata nel 1889, ha espresso l’opinione che una strana cerimonia, il cosiddetto banchetto totemico, facesse fin dalle origini parte integrante del sistema totemico. Il sacrificio, l’atto sacro per eccellenza, in origine non aveva tuttavia il significato che ha poi acquistato nelle epoche successive: un’offerta fatta alla divinità per placarla e renderla propizia. Tutto porta a pensare che in origine il sacrificio non fosse altro che “atto di unione sociale tra la divinità e i suoi adoratori”, di comunione tra i fedeli e il loro Dio. Si offrivano in sacrificio cibi e bevande, l’uomo sacrificava al suo dio ciò di cui egli stesso si nutriva. Gli animali offerti in sacrificio venivano consumati insieme dal dio e dai suoi adoratori; solo i sacrifici vegetali erano esclusivamente riservati al dio. Era importante che ogni partecipante ricevesse la sua parte del banchetto.
Questo sacrificio era una cerimonia ufficiale, una festa celebrata da tutto il clan. Sacrificio e festa coincidevano, era una gioiosa occasione per elevarsi al di sopra degli interessi propri e di riaffermare i vincoli che legavano i partecipanti tra di loro, e quelli che li legavano alla divinità. Il legame della comunanza è dunque concepito in modo puramente realistico; perché questo legame sia rinforzato e permanga, bisogna che l’atto venga spesso ripetuto.


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