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ANTICHI RETAGGI DI CULTI PAGANI: l'Albero di Natale

La tradizione dell’albero di Natale è un’usanza che affonda le sue radici nella notte dei tempi e che risale ad antichi riti pagani legati al solstizio d’inverno.

Oggi l’albero si presenta adorno di luci e illuminazioni, decorazioni e fili colorati, simboli che rimandano a costumi pagani come i nastri colorati che ricordano i capelli delle fate o le illuminazioni che riportano alle tradizioni dei falò e del "ceppo" di Natale.

Da tempo immemorabile, infatti, i contadini di tutta Europa usavano accendere falò, i cosiddetti fuochi di gioia, non è neanche raro che in questi fuochi si ardessero fantocci o nei quali si fingesse ardere una persona viva.

Le date per l’accensione sono molte e coincidono spesso con le feste dell’anno celtico.

In particolare nel solstizio d’inverno era usanza accendere falò perché l’uomo primitivo in corrispondenza di quei giorni in cui il calore del sole e la sua luce iniziava a diminuire, quasi come per magia "simpatica", accende fuochi in terra quasi per riportare il calore e la luce tra gli uomini.

La prima cosa da notare è la notevole somiglianza tra i vari rituali che prevedono l’accensione di questi fuochi. La cerimonia natalizia si distingue però un po’ dalle altre per il suo carattere domestico, dovuto in parte al cattivo tempo che spesso impediva una cerimonia pubblica o l’accensione di un falò all’aperto. Le spiegazioni che gli antropologi hanno dato sono essenzialmente due, anche se per noi la verità sta come sempre "in Medio". Infatti da una parte si è pensato che tali riti si basassero su una magia imitativa del ciclo solare, mentre d’altra si è pensato ad una funzione purificatrice.

A favore della teoria "solare" sono spesso le date in cui tali fuochi venivano accesi e che coincidevano spesso con il solstizio d’inverno o d’estate, i due momenti fondamentali di ogni "culto solare". Ma non sono solo le date a suggerirci una imitazione dell’astro! Anche l’usanza di far ruzzolare una ruota giù per una collina può imitare simbolicamente il percorso dell’astro nel cielo.

A favore della Teoria della purificazione vi è invece la tradizione che collega tali feste alla purificazione. Il popolo batte sulla funzione distruttiva, apotropaica del fuoco, che serviva a bruciare e allontanare le streghe e quindi il male, come trapela nell’usanza di bruciare l’effigie di una strega o il fantomatico fantoccio.

Ma tornando al "ciocco" di Natale, questi di solito era di olivo, betulla o molto più frequentemente di quercia, albero spesso associato alla divinità del tuono (deriva da qui la convinzione che il ceppo proteggesse la casa dai fulmini). Molti altri erano comunque i "poteri" attribuiti al tronco natalizio, che era spesso associato ai riti di fertilità: le sue ceneri, ad esempio, erano disperse nelle campagne per renderle più fertili (secondo un’altra credenza, sarebbero invece nati tanti capretti quante erano le scintille che fossero saltate fuori dal fuoco).

L’albero è anche un simbolo cosmico oltre che solare. Esso rappresenterebbe un tratto di unione tra la terra (simboleggiata dalle sue radici) e il cielo (rappresentato dai rami). E così, l’abete natalizio non sarebbe altro che una imitazione del Frassino Universale, il Yggdrasil delle tradizioni nordiche, l’albero al quale rimase appeso Odino per raggiungere la conoscenza suprema e tra le cui radici si trovano ancor oggi, tra mille luci, quei "doni" natalizi che simboleggiano tuttora la sua generosità verso di noi.

di Andrea Romanazzi


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